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Oggi come 60 anni fa, alla Wisconsin University grotteschi esperimenti sui piccoli di scimmia

25/09/2014

C’è una vecchia battuta che dice: “Quanti cuccioli di scimmia avete strappato alle loro madri per dimostrare i danni della deprivazione materna?” e la risposta è: “Tanti quanti ne ha pagati il NIH, il National Institutes of Health americano”. La battuta è vecchia in quanto fa riferimento agli esperimenti di Harry Harlow (nell'immagine) degli anni Settanta, in cui i piccoli di primati venivano separati dalle madri, sostituendo queste ultime con copertine o surrogati meccanici. Alcuni di questi surrogati erano programmati per abusare i piccoli, colpendoli periodicamente con attrezzi acuminati.

Harlow è famoso per aver confinato i piccoli di scimmia in quella che lui stesso definiva “il pozzo della disperazione”, una stanza priva di luce in cui i piccoli venivano tenuti in isolamento per un anno intero, ricavandone un danno psicologico permanente, non reversibile neanche con successivo accudimento e socializzazione.
Abbiamo imparato parecchio da Harlow sugli effetti dell’abuso e della trascuratezza, ma a costi elevatissimi per le scimmie e per la nostra umanità. La cosa più brutta è che, anche una volta comprovati i devastanti risultati degli esperimenti, questi si sono protratti per anni, da cui la battuta di cui sopra.

Più recentemente, i Comitati etici per il benessere e l’utilizzo degli animali a fini sperimentali presso le Università hanno reso più difficile ottenere fondi per esperimenti in cui i benefici attesi per l’uomo non vengano giudicati superiori alle sofferenze inflitte agli animali. Ma una scappatoia si trova sempre. All’Università di Madison nel Wisconsin, la stessa dove Harlow effettuò i suoi esperimenti negli anni 70, il Comitato etico ha approvato un progetto di ricerca del direttore del Dipartimento di Psichiatria, Ned Kalin, sempre sulla deprivazione materna. Un articolo pubblicato dal Wisconsin Center for Investigative Journalism (Centro per il Giornalismo Investigativo del Wisconsin) rivela che due anni fa un protocollo sperimentale quasi identico non venne autorizzato, anche a causa dell’opposizione interna di due membri del Comitato. Questa volta il progetto non è stato sottoposto ai membri che allora vi si erano opposti, bensì inviato a una sotto-commissione del Comitato stesso, che l’ha approvato all’unanimità.

Il progetto approvato prevede la separazione di 20 scimmie neonate dalle loro madri. La metodica standard prevede che la separazione venga fatta sotto costrizione o sotto anestesia, perché altrimenti le madri lotterebbero per opporvisi. I piccoli verranno stabulati in gabbie singole per un periodo da 21 a 42 giorni, e per tutto l’anno successivo rimarranno soli o in coppia, senza cure materne. Durante tale periodo verranno periodicamente esposti a situazioni tali da provocare ansia o paura, ad esempio l’ inserimento nella gabbiadi un serpente vivo. Il protocollo sperimentale recita:

"L’inserimento di un serpente vivo è necessario, dal momento che oggetti inanimati come serpenti di gomma o rotoli di nastro non suscitano una reazione di paura sufficientemente forte…”

Dopo un anno le piccole scimmie verranno uccise, e i loro cervelli dissezionati. Un gruppo di controllo, costituito da altrettante piccole scimmie cresciute accanto alle loro madri, verrà ugualmente sacrificato per analizzare differenze nello sviluppo cerebrale. Il Centro di Giornalismo Investigativo del Wisconsin fa notare come, per la prima volta, vi è stata una significativa opposizione all’esperimento da parte di alcuni membri dell’Università stessa. Ciò nonostante, il progetto, denominato “Lo sviluppo neurologico nell’origine precoce dell’ansia” è stato finanziato e verrà comunque realizzato (NIH grant no. MH100031).

Tradizionalmente, la vivisezione viene giustificata sulla base della premessa che gli animali sono abbastanza simili a noi fisicamente tanto da renderne validi i risultati (il che spesso non è vero), ma emozionalmente differenti abbastanza da rendere le loro sofferenze eticamente accettabili. Il protocollo dello studio di Kalin recita:

“Le scimmie Rhesus sono state selezionate in quanto la loro somiglianza all’essere umano in termini di comportamento sociale, emozionale, risposte ormonali e struttura cerebrale ne fanno il modello migliore per studiare la regolazione delle emozioni umane ed il rischio di insorgenza di ansia e depressione."

 

[di Karen Dawn, 08/07/2014, traduzione di Valeria Micale per Stop Vivisection, fonte: huffingtonpost.com]